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REVELLO INES vive ed opera ad Alassio (Sv). Laureata in Lettere con lode presso l’Università di Genova con tesi dedicata all’arte della spada giapponese, ospite di alcune associazioni culturali, ha tenuto in Lugano, Genova, Napoli, Imperia e Alassio, una serie di conversazioni sulla cultura giapponese.

Sue poesie compaiono in varie antologie, in particolare in “Le parole della vita”, “Poeti Italiani nel Mondo” e “Storia della Letteratura Italiana - Il Secondo Novecento”. Ha pubblicato il libro di racconti I fiori di Aki (1° Premio Città di Pompei con medaglia della Presidenza della Camera dei Deputati) e i volumi di poesie: Datura Arborea, Pianto per la Terra (finalista CAPIT di Roma 2004), Rilievi sommersi (1° Premio “I dieci di Torre Pernice, Albenga 2004), Maggio in Altri Mondi. Con questo più recente volume ha partecipato all’Histonium 2006, vincendo la sezione della poesia edita. All'Histonium 2007 ha vinto il Premio Speciale Unico per la Liguria nella sezione libro edito.

Ha curato, per conto di Italia Nostra, in Alassio, la mostra “Il Re degli Alberi”, ed anche la presentazione alle scuole. Sua è la prefazione a Flora Spontanea di Alassio di Paolo Marassi e Franco Iebole e la relativa presentazione al pubblico. L’attività letteraria di Ines Revello, ha riscosso il consenso di Franco Gallea, Alberto Faber, Gerolamo Bogliolo, Giulio Panzani, Sylvana de Riva, Luigi Caglio, Romano Strizioli, Tommaso Schivo, Ross D. Walzer, Anna Maria Lancher.

 

                                                                               

Revello Ines

La poetessa INES REVELLO ritira il Premio Speciale Unico per la Liguria dalle mani del Generale dei Carabinieri Gianfranco Rastelli (Vasto, 22 settembre 2007)

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Cop. Libro Revello

La copertina della raccolta poetica "Pianto per la Terra" di Ines Revello,

premiata all'Histonium 2007

 

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PREFAZIONE  al volume “Pianto per la Terra”


C’è un senso di profonda sacralità in questi versi di Ines Revello che conciliano, al contempo, memorie esistenziali e un'ansia di spiritualità che non è soltanto intimizzazione dell’ "io" bensì ricerca universale, ecumenica, addensatasi nelle tappe di un percorso lungo e variegato ma puntualizzato, sempre, dalla presenza della divinità.
     Il linguaggio risente di una cultura consolidata, arricchitasi d’esperienze compiute sia dentro che fuori dalla propria anima. Come dire che le invocazioni contenute in queste pagine sono quasi delle preghiere mormorate in scansioni e ritmi lessicali, sì, ma anche un modo di comunicare, sulla scia di quei cantici ai quali, con evidente scelta intellettuale, l'autrice riannoda la propria forma di scrittura.
     Immediati, chiari nei contenuti del vissuto e delle attese, i versi si stagliano senza ambiguità per una rappresentazione fatta di cose e di natura con libertà ed armonia, evocando per simboli questa necessità del soprannaturale senza cui l'uomo non può essere se stesso. Le pagine di questa raccolta offrono così spunti di riflessione a chi sente, pressanti le angosce delle nuove frontiere della società che spersonalizza e toglie ogni opportunità di intuire ciò che non sia materialità.
     Ecco dunque nel metaforico e parabolico assunto della Revello, la riconsacrazione - tramite la parola - della dimensione umana alla religiosità non soltanto individuale o d’ogni essere vivente, ma anche delle cose stesse, contro ogni solitudine ed incertezza. L’esperienza poetica come risorsa di rilettura dottrinale, o anche semplicemente intuitiva, si fa qui immersione nei graffiti della luce che il “pianto” non può sopraffare e la speranza non esula. D’altra parte, l’invocazione delle ultime, brevissime immagini, conferma decisamente che il riscatto è possibile.
     L’incisiva pietà del Cireneo riconcilia il mondo a Dio, con una presa di coscienza progressiva e forse dapprima inconsapevole, ma reale, anticipando ciò che sul Golgota si è fatto mistero e redenzione. Parlarne, dunque, nelle pagine sciolte anche dalla sofferenza, esalta il linguaggio come momento più alto di dogmatica attestazione di fede.

GIULIO PANZANI

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Una poesia tratta dal volume

PIANTO PER LA TERRA

Dicono di averti vista piangere, Madre,
sui sentieri di questa nostra terra
un tempo così simile all’Eden!

Noi conosciamo la ragione del tuo pianto
noi ultima generazione cresciuta,
come Gesù di Nazareth Tuo Figlio,
fra vigneti e ulivi,
noi nutriti, come promesso in Genesi,
con fichi e mandorle, con arance e miele.

Il latte della nostra infanzia
aveva ancora il profumo dei pascoli montani;
oggi, sofferenza e follia aggruma
di animali che morranno incatenati
senz’aver mai calpestato un prato.

Per questo piangi, Madre,
per i gigli* scomparsi dalle spiagge,
per lo spigo che ponevi fra i lini dentro casa
fattosi raro ormai nella garìga assolata.
Piangi perché più non sbocciano i fiori
che Giuseppe portava per te in cucina
col cesto degli ortaggi appena colti,
né quelli spontanei dei quali il Tuo Bambino,
lungo i rivi di Galilea, ammirava lo splendore.

Incantati da una serpe fintasi progresso,
abbiamo abbandonato gli orti ai rovi,
distrutto le foreste, avvelenato mare e fiumi.
Pochi decenni son bastati e persin la pioggia,
attesa sempre come una benedizione,
per nostra colpa è inacidita.

I nostri figli, che non sanno cos’è il grano,
si iniettano la morte nelle vene,
gettano vivi fra i rifiuti i nuovi nati…
Per superbia abbiamo già perduto l’Eden, Madre;
ci esortino le tue lacrime
a smettere di torturar la generosa terra.

* Pancratium maritimum: il giglio degli arenili sabbiosi.